Il calazio e le terapie tradizionali

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Anche se la maggior parte delle volte il calazio come compare se ne va nel giro di qualche tempo senza causare danni, in alcune circostanze la sua guarigione non è così semplice. Ci sono persone che convivono un’intera vita con queste “palline” presenti sulle palpebre che sono di dimensione millimetrica e pertanto non danno alcun fastidio. In altri casi, invece, il calazio inizia a crescere e assume una dimensione tale che rende difficoltosa la chiusura della palpebra e ancor peggio, provoca un astigmatismo più o meno grave. Di conseguenza bisogna trovare una terapia più forte, che sia in grado di debellare la patologia.

Dopo gli impacchi caldi e umidi e i massaggi fatti sulla parte interessata, che dovrebbero portare a liberare il dotto ostruito permettendo la normale fuoriuscita del liquido della ghiandola di Meibomio, se il calazio persiste si può provare ad applicare alcune pomate a base di antibiotici come la tetraciclina o la minociclina. Va però detto che se il calazio è già presente, poco o a nulla servono queste pomate topiche perché non si tratta di dover curare un’infezione attiva.

Tali farmaci, sia pomate che compresse orali, sono molto più efficaci nel caso l’oculista abbia di fronte un paziente che è soggetto a sviluppare calazi. Per prevenire la formazione di altri, si può consigliare l’uso di queste pomate o l’assunzione per via orale di pastiglie onde proteggere l’occhio e le palpebre da possibili ulteriori formazioni di tal genere.

Anche nel caso di un orzaiolo recidivo che può dar origine ad un calazio, il medico specialista potrà prescrivere delle cure farmacologiche a scopo preventivo.

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Prima di procedere all’intervento chirurgico vero e proprio si può tentare di curare la cisti con delle iniezioni di steroidi direttamente sul calazio per facilitare e accelerare l’assorbimento del liquido accumulato. Questa tecnica potrebbe però avere delle conseguenze negative a livello estetico. Infatti, gli steroidi, potrebbero causare uno schiarimento della pelle che apparirebbe più chiara del normale. L’effetto ovviamente sarebbe più evidente su soggetti con pelle o carnagione scura.

Come ultima possibilità rimane l’operazione chirurgica per l’asportazione del calazio. A volte sarebbe meglio eseguirla da subito dato che non sempre le cure prima ricordate hanno effetto ma non sempre è così. Soprattutto se il paziente è giovane, sarebbe meglio cercare la guarigione attraverso vie meno aggressive ricorrendo a cure naturali o omeopatiche.

Il chirurgo che esegue l’intervento deve preoccuparsi di due cose: non danneggiare parti sane dell’occhio (come la palpebra) e rimuovere completamente il calazio onde evitare che rimanga una parte di esso e che quindi l’intervento non sia del tutto soddisfacente per il paziente con la possibile conseguenza della ricomparsa a breve tempo.

L’anestesia sarà locale se il paziente è adulto e si tratta semplicemente di fare una piccola puntura con un ago molto sottile. Questa iniezione sottocutanea è del tutto indolore. Il calazio poi viene isolato mediante l’applicazione di una particolare pinza che serve per ridurre il sanguinamento.

Il chirurgo esegue una incisione sulla cute della palpebra fino a raggiungere il lipogranuloma.

Una volta asportata questa pallina, che formava il calazio, bisogna procedere con l’eliminazione del tessuto circostante per evitare di lasciare qualche secrezione infiammata. L’operazione è delicata perché è da evitarsi di togliere del tessuto tarsale, ossia della palpebra, che invece è sano perché si avrebbero dei danni estetici.

Se il calazio si trovava sulla palpebra superiore, vengono applicati dei punti molto sottili per suturare l’asportazione. Questi vengono rimossi nel giro di una settimana al massimo.

Per prevenire eventuali infezioni si applicano nei giorni post intervento delle gocce di collirio che contengono antibiotico o anche pomate topiche che vanno messe sulla parte operata e che sono anch’esse a componente antibiotica.

Infine, l’occhio viene generalmente protetto da un tampone e bendato ma anche per poche ore non essendo strettamente necessario proteggerlo dall’aria.

Nei giorni seguenti la palpebra potrebbe rimanere gonfia o gonfiarsi leggermente ma di solito è un fenomeno passeggero che non ha alcuna complicazione e che passa dopo un paio di settimane. Se c’è una particolare urgenza di asportare il calazio, l’operazione chirurgica resta la più efficace perché i tempi di completa guarigione sono brevi e si parla di un paio di settimane dal momento dell’intervento alla guarigione completa. Le altre cure, come l’omeopatia, possono essere altrettanto valide ma indubbiamente con tempi molto più lunghi che possono durare anche mesi e mesi. Spetta all’oculista e alle esigenze del paziente valutare cosa sia meglio fare.

Se poi il calazio dovesse riformarsi, anche dopo intervento chirurgico, sarebbe il caso di procedere ad un esame istologico per scongiurare l’ipotesi che si tratti del carcinoma sebaceo, anche se è una forma tumorale assai poco frequente.

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